Venezia la più inverosimile delle città
Piazza San Marco, meglio con o senza?
La disputa dopo il crollo del campanile nel 1902 - Com'era dov'era

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Articolo della Stampa con resoconto dell`adunanza degli artisti veneziani.

Il 14 luglio 1902 alle 9:40 il vecchio campanile di San Marco crollò rovinosamente su se stesso disintegrandosi in un grande cumulo di macerie; un disastro che fece notizia in tutto il mondo e che privò Venezia di una delle sue icone più visibili e conosciute.

Il sindaco Grimani e il consiglio comunale manifestarono subito la volontà di ricostruire il campanile, stanziando mezzo milione di lire come primo finanziamento a questo scopo.

Ma appena posatosi il gran polverone, ci fu chi osservando la piazza senza campanile la trovò molto più bella e cominciarono a levarsi voci discordi. Già il 17 luglio sull'Avanti! Guido Podrecca sotto lo pseudonimo di goliardo si pronuncia senza andar troppo per il sottile contro la ricostruzione di «quel mona de campanil». Negli stessi giorni il Figaro pubblica un'intervista con il vecchio pittore francese Ziem anche lui contrario alla ricostruzione per timore che gli architetti moderni facciano qualcosa di enorme e di orribile; e il Piccolo di Trieste pubblica un'intervista con l'architetto viennese Otto Wagner che esprime pareri interessanti sulla eventuale ricostruzione (l'intervista viene anche menzionata sull'Avanti!).

Pareri contrari alla ricostruzione del campanile comparirono anche su altri giornali nei giorni successivi, per esempio la Stampa del 16 luglio e quella del 19 luglio.


Quando il 21 luglio si riunirono in adunanza gli artisti di Venezia, è verosimile che avessero ben presenti tutte queste obiezioni, e quasi per reazione vollero riaffermare che il campanile andava ricostruito «nella medesima forma e nel medesimo luogo»; proprio in questa occasione Luigi Sugana coniava il motto «com'era dov'era» come si legge sull'articolo della Stampa del 22 luglio:

Un bellissimo discorso proferisce Luigi Sugana. Egli dice: «Dopo la morte di una persona cara quale sarebbe il desiderio che più impetuoso sorgerebbe nel nostro cuore? Poterne, se il miracolo fosse possibile, rifarne l'immagine, infondere in essa novamente la vita. Perciò è nostra certezza che il campanile debba risorgere com'era e dov'era.»

L'argomento alquanto macabro usato dal Sugana si presta però ad essere ribaltato e in effetti molti obiettarono che era innaturale l'idea di risuscitare i morti, che così si voleva fare la statua di cera del campanile defunto.


Nei giorni, settimane e mesi successivi, si accumularono le opinioni pro e contro la ricostruzione; tra i quotidiani nazionali il Corriere della Sera sin dall'inizio si schierò nettamente per la ricostruzione e diede poco spazio alle opinioni discordi; la Stampa di Torino viceversa diede ospitalità anche ad opinioni diverse come quelle citate sopra ed il 5 agosto con un editoriale si pronunciò contro la ricostruzione; il quotidiano più radicalmente contrario alla ricostruzione fu l'Avanti! che continuò ad ospitare opinioni contrarie come quella di Guido Podrecca in contraddittorio con quella favorevole di un veneziano.

Un quotidiano di Milano, il Tempo, pensò bene di inviare un telegramma a Giosuè Carducci che era in vacanza a Madesimo chiedendo se era favorevole alla ricostruzione; Carducci rispose con un lapidario telegramma che portava una sola parola: "NO!". E così Carducci fu spesso citato tra i contrari, anche se non ho trovato una sua motivazione di questo secco no.


Riassumendo, dopo il crollo, si formarono due partiti, quello del "com'era, dov'era", ricostruzione in fotocopia, e quello del "lasciare la piazza senza campanile".

Gli argomenti del primo partito si possono riassumere così:

Tutto sommato quest'ultimo è l'unico argomento di sostanza, che non sia di pura conservazione. Ed è un argomento che non coincide affatto con il «Com'era, dov'era» infatti non esclude la ricostruzione in forme diverse e in posizione diversa, chiede solo una linea verticale.

Gli argomenti del secondo partito si possono riassumere così:

I primi due argomenti mi paiono i più deboli, facile obiettare che per i visitatori della piazza fa ben poca differenza che si tratti del campanile originale o di una copia; del resto ormai anche i quattro cavalli di San Marco sono copie, e in tanti altri luoghi sono esposte al pubblico copie conformi, come in piazza del Campidoglio a Roma dove c'è ormai solo la copia della statua di Marco Aurelio. E quanto alla spesa in buona parte fu coperta con le cospicue donazioni che arrivavano da tutto il mondo.

Molto più fondati il terzo che è l'argomento più forte e più citato, ed il quarto.

Dagli articoli trovati sui giornali dell'epoca risulta che il dibattito si concentrò sulle due ipotesi estreme, lasciando in secondo piano le tre soluzioni intermedie, già presenti nell'intervista a Otto Wagner: (a) un campanile uguale ma in posizione diversa; (b) un campanile diverso, magari in stile moderno ma nella stessa posizione; (c) un campanile diverso e in posizione diversa.

Più interessanti la (a) e la (c) ed in effetti ci sono proposte e fotomontaggi d'epoca con il campanile spostato sulla sinistra della basilica tra la torre dell'orologio e il palazzo del patriarcato. Con strumenti digitali come Photoshop, o in questo caso GIMP, è facile oggi simulare questa proposta come nel fotomontaggio a lato.

Ma alla fine prevalse il criterio del «com'era, dov'era» destinato a diventare un mantra anche fuori di Venezia; tutto sommato questo motto costituisce la rinuncia all'idea di poter migliorare o innovare; vi è implicita l'ammissione che Venezia e la piazza non sono più una città e una piazza vive, ma solo una reliquia storica da conservare immutata e immutabile, sotto vetro.


Collegamenti e fonti

Riferimenti bibliografici
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