Venezia la più inverosimile delle cittàPiazza San Marco, meglio con o senza?
Come era, dove era?
Luigi Sugana, lo sconosciuto padre di questo motto

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Il motto «Dov'era com'era» viene regolarmente invocato all'indomani di catastrofi, crolli, terremoti che abbiano distrutto monumenti o interi paesi, come linea guida della ricostruzione.

È comunemente accettato il fatto che questo motto, o mantra, sia nato dopo il crollo del campanile di San Marco il 14 luglio 1902, per riassumere la volontà di ricostruire il campanile nella stessa posizione e nelle stesse forme che aveva prima di crollare. Ma chi aveva coniato questo motto?

Per molto tempo ho creduto che fosse un'invenzione di Gabriele D'Annunzio. E se cercate sul web si trovano pagine che confermano questa attribuzione. Però si trovano anche fonti che attribuiscono il motto a Filippo Grimani, sindaco di Venezia nel 1902, che lo pronunciò solennemente il 25 aprile 1903 in occasione della posa della prima pietra per la ricostruzione(*); altre ancora lo attribuiscono a Pompeo Molmenti deputato veneziano dell'epoca che fu uno dei massimi fautori della ricostruzione identica.


Dubbioso e curioso su quale fosse l'attribuzione corretta, ho trovato una buona fonte negli archivi storici che alcuni grandi quotidiani, il Corriere della Sera, la Stampa mettono a disposizione sul web. Inoltre il sito del Senato della Repubblica mette a disposizione l'archivio dell'Avanti!, storico quotidiano del Partito Socialista Italiano, che dopo il crollo del campanile, fu tra i più fermi avversari della ricostruzione del medesimo.

Tanto è bastato per risolvere il dubbio, con una sorpresa: nessuno dei tre personaggi invocati come creatori del mantra, lo fu veramente.

Cercare con chiave «Com'era dov'era» non è stato semplicissimo per la diversa dizione (con o senza apostrofi) e per la qualità non ottimale della digitalizzazione delle vecchie pagine dei quotidiani.

Alla fine però emerse un articolo della Stampa del 22 luglio 1902, (vedi PDF a lato) giusto una settimana dopo la catastrofe, intitolato: «Gli artisti di Venezia per la riedificazione del campanile»; l'articolo riferisce il discorso dell'on. Pompeo Molmenti favorevole alla ricostruzione e poi ecco il sorprendente paragrafo che rivela il vero autore del motto:

Un bellissimo discorso proferisce Luigi Sugana. Egli dice: «Dopo la morte di una persona cara quale sarebbe il desiderio che più impetuoso sorgerebbe nel nostro cuore? Poterne, se il miracolo fosse possibile, rifarne l'immagine, infondere in essa novamente la vita. Perciò è nostra certezza che il campanile debba risorgere com'era e dov'era.»

Luigi Sugana dunque, ma chi era costui? Un commediografo veneziano oggi dimenticato, l'ultimo dei bohèmiens come venne definito due anni dopo, quando morì improvvisamente a soli 46 anni, nel necrologio sull'Avanti! dal giornalista C. Monticelli ((vedi PDF a lato)) che ne era stato amico; alla fine c'è anche la conferma che il «Come era, dove era» era suo.

È rimasto a Venezia il suo motto sul campanile di San Marco che doveva risorgere «come era e dove era!». Il suo amore pel campanile lo riconciliò col patriarca, ora Pio X, che non voleva perdonargli la burletta del farsi frate(*).

Luigi Sugana ebbe la sfortuna di morire poco dopo il vecchio campanile e di essere presto dimenticato; e dimenticata fu anche la sua paternità di quel motto che viceversa ha avuto grande fortuna ed è sopravvissuto fino ai giorni nostri.


Collegamenti e fonti

Riferimenti bibliografici
Siti e pagine web
X La burletta consisteva in questo: Sugana per qualche tempo andò in giro per Venezia raccontando che voleva farsi frate e inventando tutto un fantasioso contorno a questa invenzione; la cosa evidentemente non fu molto gradita dal patriarca Sarto.
X Molte fonti a partire dalla ben nota guida Venezia e il suo estuario del Lorenzetti sostengono che questo motto sarebbe stato presente nella delibera del consiglio comunale di Venezia la sera stessa del 14 luglio 1902; notizia erronea, nessun resoconto di quella seduta riporta il motto, che compare solo il 21 luglio nel discorso di Luigi Sugana all'adunanza degli artisti, come riportato più sotto.
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